di Matteo Fais

Io lo capisco, il mondo è una realtà complessa e, di conseguenza, difficile da accettare. Sarebbe bello se tutto fosse come nei cartoni animati, netto e inequivocabile: qui i buoni, di là i cattivi. Qui i progressisti illuminati dalla luce del sol dell’avvenire, tutti con ottime letture alle spalle, ferventi seguaci delle trasmissioni televisive di Fabio Fazio e delle omelie di Papa Eugenio Scalfari; dall’altra i fascio-leghisti rozzi e incolti, ontologicamente impossibilitati a comprendere i romanzi della cinquina finale dello Strega, uno più evasore dell’altro, e certamente votati allo sterminio dei neri. Ahinoi, le cose non sono proprio tanto semplici. La realtà è ricca di sfumature di grigio, rosso, nero e via dicendo. Naturalmente, capisco che per il sinistrato medio, cresciuto in questa logica a metà tra il manicheismo e la filosofia della Disney, sia difficile fare i conti con tanta varietà. Ciò è ben esemplificato dal loro modo di ragionare così tranchant. Vedasi il famoso “o sei per l’accoglienza, o sei un nazista che vorrebbe l’estinzione di chiunque non sia bianco”. Palesemente, qui si tratta di ingenuità, o malafede. Io posso dire “Matteo Fais è uno stronzo”, senza che questo implichi la volontà di eliminarlo. Posso pensare che la ragazza y sia una creatura esecrabile, senza essere maschilista. Invece, nella loro perversione logica, costoro non smettono di ragionare come se non esistessero che due possibilità. Non si tollera il “non sono razzista, ma…”, non è consentito. Invece le cose stanno proprio così! “Non sono razzista, ma non ho niente in comune con quel signore di colore”, “non sono maschilista e non picchio le donne, ma ho cmq il diritto di pensarla in modo diverso dalla capoufficio, anche se appartenente al genere femminile”. È faticoso. SFORZATEVI 😂😂

di Matteo Fais

Il modo migliore per aiutare l’Africa



Il modo migliore per aiutare l’Africa
La siccità in Somalia minaccia la vita di quasi la metà della
popolazione, secondo il Primo Ministro Hassan Ali Khayre. Nell’arco di
due giorni, in una sola regione del paese sono morte di fame almeno 110
persone. Questo mette in evidenza l’enorme bisogno della Somalia e di
altri paesi africani di un aiuto immediato.
Negli ultimi decenni, enormi risorse finanziarie sono state inviate
nella regione. Ciò che è stato realizzato, tuttavia, è oggetto di
controversie visto che quanto è stato raggiunto sembra essere
controproducente per le reali esigenze dell’Africa.
Nonostante i notevoli progressi compiuti nella lotta contro l’HIV/AIDS,
rimangono altri problemi sanitari. Anche se l’epidemia di Ebola è
ampiamente sotto controllo, una nuova epidemia è ancora possibil: i
paesi ora sono meglio preparati per affrontarla, ma probabilmente non
nella misura necessaria.
La tubercolosi è ancora dilagante in Sudafrica, che ha il più alto tasso
di mortalità per questa patologia pro capite del mondo, seguito da
Zimbabwe e Mozambico. Peggio ancora, l’elevato numero di casi resistenti
agli antibiotici in diversi paesi rende la malattia molto più difficile
da trattare.
Ogni minuto nella regione africana muoiono cinque bambini sotto i cinque
anni, due terzi dei quali per cause prevenibili. Infezioni diarroiche e
respiratorie, malaria, morbillo e malnutrizione rappresentano grandi
minacce per la salute dei bambini. La polmonite e la malaria sono le
principali cause di morte sotto i cinque anni d’età. L’interazione tra
denutrizione e infezione può portare ad un circolo vizioso di
peggioramento della malattia e deterioramento dello stato nutrizionale.
I problemi sanitari in Africa non possono essere considerati isolati
dalle realtà socio-politiche e ambientali dei paesi, e richiedono
continua assistenza tecnica e finanziaria estera. Bisogna apportare
sforzi crescenti per estendere l’accesso all’assistenza sanitaria di
base, in particolare nelle zone rurali, accompagnata dalla promozione
della salute, dalla prevenzione delle malattie e dall’educazione
sanitaria. L’esodo incessante di medici e infermieri verso i paesi
industrializzati peggiora solo i problemi sanitari.
Nonostante alcuni progressi nella sfera sociale, rimangono difficoltà
importanti. Una di esse è la significativa disoccupazione, in
particolare tra i giovani. Circa il 70 per cento della popolazione
dell’Africa sub-sahariana ha meno di 30 anni, e il 60 per cento dei
disoccupati è giovane. Sono indispensabili nuove politiche per inserirli
nel mondo del lavoro.
Un primo passo è quello di fornire ai giovani le competenze di base in
modo che possano raggiungere il loro potenziale di guadagno. L’UNESCO e
l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) hanno raccomandato che
i governi, i donatori internazionali e il settore privato sviluppino
politiche integrate per creare posti di lavoro per i giovani e
facilitare la transizione dalla scuola al lavoro.
La povertà nel continente è diffusa e colpisce gran parte della
popolazione. Nel 2010, più di 400 milioni di persone vivevano in
condizioni di estrema povertà in tutta l’Africa sub-sahariana.
Attualmente, una percentuale notevole di donne non ha alcun reddito
significativo. L’espansione del microcredito, insieme a progetti di
sviluppo rurale destinati principalmente alle donne, potrebbe migliorare
in modo significativo la situazione.
L’istruzione è un altro tasto dolente. L’Africa ha il tasso più basso di
bambini nelle scuole primarie di ogni regione. Oltre a significative
disparità di genere, con le ragazze molto indietro rispetto ai ragazzi
nel livello di istruzione, le disparità geografiche tra le aree rurali e
le aree urbane e le disparità economiche tra famiglie a basso reddito e
famiglie ad alto reddito sono significative.
Molti esperti di Africa non credono nell’efficacia degli aiuti. “Il
denaro dai paesi ricchi ha intrappolato molte nazioni africane in un
ciclo di corruzione, rallentamento della crescita economica e povertà.
Interromperne il flusso sarebbe molto più vantaggioso”, ha scritto
Dambisa Moyo, economista internazionale nata in Zambia e autrice con una
vasta conoscenza dell’Africa.
Gli aiuti, tuttavia, possono diventare efficaci nel migliorare il tenore
di vita e l’educazione delle persone. È fondamentale aiutare i paesi
africani a migliorare la struttura governativa prima di fornire loro
assistenza finanziaria. Inoltre, gli aiuti efficaci devono bypassare i
governi corrotti e trovare il modo di aiutare le persone in modi più
diretti, come ad esempio attraverso la comunità e le organizzazioni
religiose.
Nonostante siano state inviate in Africa notevoli quantità di denaro
attraverso l’aiuto bilaterale e internazionale, non vi sono ancora
meccanismi efficaci per monitorare le spese e responsabilizzare i
destinatari. Si tratta di un punto fondamentale, dal momento che la
corruzione è come una pianta infestante che indebolisce il tessuto
sociale e l’energia dei paesi. Inoltre, non ci sono abbastanza modi per
valutare la qualità dei progetti finanziati principalmente da istituti
di credito internazionali e agenzie delle Nazioni Unite.
Gli aiuti per l’Africa dovrebbero mirare a rafforzare la società civile
e le organizzazioni su base comunitaria. I paesi africani hanno bisogno
di migliori condizioni commerciali per i loro prodotti, e di assistenza
tecnica accuratamente pianificata e responsabile. Dotata di una natura
generosa e di lavoratori energici e forti, l’Africa è ancora un
continente di speranza.
*****
Articolo di Cesar Chelala pubblicato su Counterpunch il 17 marzo 2017.

Flussi migratori

Immigrati

  • La circolazione degli esseri umani dovrebbe essere libera. E i flussi migratori di oggi non sono liberi, ma forzati (per varie cause di cui alcune conosciute altre oscure). Inoltre alla libertà di circolazione deve corrispondere anche la libertà di accogliere o no. Cioè “io devo essere libero di bussare a qualsiasi porta, tu devi essere libero di aprire o no, e a chi decidi tu”. Nessuno può imporsi in casa d’altri. Quindi ci deve essere convenienza reciproca o comunque volontà reciproca. Ci deve essere un’accettazione ed uno scambio umano. La morale non può essere imposta, ma ognuno deve sentire la propria coscienza. Quindi ognuno dovrebbe poter decidere liberamente se, e a chi, fare beneficienza e solidarietà. La morale non può essere imposta
  • Ognuno dovrebbe poter restare a casa propria, nella propria terra, con i propri affetti e non essere costretto ad emigrare.
  • Nel caso in cui ci trovassimo in una situazione di non rispetto dei punti 1 e 2, che ormai è la normalità purtroppo, allora: a) La decisione sarà singola, pur risultando evidente che sarebbe giusto cercare di aiutare queste persone, cioè accoglierli in modo adeguato, e l’accoglienza di oggi non è adeguata, non è dignitosa per degli essere umani b) Discriminare preventivamente chi accogliere e chi no in modo autonomo ed insindacabile c) Con l’obiettivo ultimo di farli rientrare al più presto a casa loro appena si siano ripristinate le condizioni idonee per farlo, perché questo è il loro desiderio. Sarà quindi un’accoglienza transitoria.  d)  Nel frattempo l’ospite dovrà rispettare tutte le regole di chi lo ospita, pena l’immediata espulsione (a calci in culo) visto che sta ricevendo un favore. e) Dovrà essere accolto come uno della comunità, dovrà collaborare, ed essere inserito in una graduatoria nazionale, in cui però occuperà l’ultimo posto, per il semplice motivo che è arrivato per ultimo. Ciò non costituisce discriminazione ma anzi è una forma di integrazione in quanto oggi non sono proprio in graduatoria, neanche dopo l’ultimo, o viceversa si verificano forme di discriminazione al contrario in cui chi ospita subisce l’ingiustizia e la prevaricazione, creando così, fra l’altro, i presupposti per una guerra civile tra poveri. Ogni buon padre di famiglia ha il dovere di dare da mangiare ai propri figli innnanzitutto, altrimenti è il peggiore dei padri
  • In sostanza si evidenzia che “loro” sono vittime come noi, quindi siamo potenzialmente alleati e dovremmo cercare di esserlo, per uscire insieme da un sistema che ci vuole schiavi.
  • Ulteriori considerazioni possono essere fatte in merito alle cause di queste migrazioni “forzate”, ma le lascio ad un eventuale approfondimento, qualora fosse necessario, visto che ormai le possiamo intuire tutti.

La moneta è lo strumento principale che determina l’evoluzione di un popolo

Nelle comunità di una volta, alle origini dell’umanità e per molti millenni, forse anche qualche milione di anni, non c’era bisogno di moneta per tre  ragioni: 1) il numero esiguo dei componenti 2) tutto era di tutti 3) e infine non era una società competitiva.

Quindi ognuno svolgeva il suo lavoro  senza doveri di legge, senza costrizioni, obblighi e controlli perchè si sentiva motivato da sè a  dare il prorpio contributo alla comunità in quanto sapeva che tutto ciò che ci metteva ce lo ritrovava e gli ritornava anche moltiplicato. Sapeva che far crecere la comunità faceva crescere anche lui, ne aveva anche lui i benefici, e sapeva che anche gli altri facevano altrettanto, sapeva che ognuno dava il suo meglio e che i suoi meriti erano riconosciuti in quanto ognuno era conosciuto da tutta la comunità.

I problemi sono cominciati nel momento in cui la comunità si è ingrandita in modo eccessivo, non più fisiologico, e inoltre i singoli membri si sono spostati, trasferiti, sparpagliati nel mondo,  le comunità si sono mischiate, insomma sono venuti meno quei presupposti che garantivano la giustizia sociale, cosicchè ognuno è stato “costretto” ad essre egoista, cioè a cercare di accumulare quanto più possibile per assicurarrsi la sussistenza, visto che la comunità non costituiva più una garanzia. Questa tendenza poi si è cronicizzata ed è rimasta anche quando non più necessario, anzi ancora più è degenerato  nella ricerca del potere e la dominazione sull’altro con tutti i mezzi: economici, militari, politici e di persuasione occulta.

La moneta dunque diventa necessaria come collante della società moderna che sostituisce il collante primitivo rappresentato dall’affetto, la simpatia, la stima, la giustizia. Ecco dunque che il modo di utilizzo della moneta è fondamentale nel determinare lo sviluppo fisico, emotivo e spirituale sia del singolo che della società. La regolamentazione sbagliata della moneta ha determinato una degenerazione morale della società; allo stesso modo una regolamentazione sana può accelerarne o favorirne l’evoluzione.

La società multietnica è…. razzista

Rivoluzione Italia ha aggiunto un nuovo video.

NERO MASSACRA DONNA PER STRADA, NESSUNO INTERVIENE – VIDEO CHOC
MAGGIO 13, 2016

PHILADELPHIA – Il nero massacra di botte la propria donna. Gli altri guardano, perché nella società multirazziale, ognuno si fa i fatti propri. Non ci sono legami. Ma atomi impazziti.

La società multietnica è il regno dell’entropia e dell’indifferenza. E’ per questo che chi comanda vuole trasformare la civiltà europea, nata dall’omogeneità delle nazioni, in una poltiglia indifferenziata.

Che la “diversità” è una debolezza e non una forza, lo ammetterà chiunque non sia un fan sfegatato del sadomasochismo.
Questo, oltre ad essere “vero” intuitivamente, è anche stato provato a livello scientifico.

Lo studio condotto dal Findlandese Tatu Vanhanen:

http://jpr.sagepub.com/content/36/1/55.abstract
http://www.amazon.com/gp/product/0762305835

Ha dimostrato come, più una società è etnicamente diversa, più questa società è violenta.

Lo studioso ha analizzato tutti i paesi del mondo e ha comparato la loro frammentazione etnica con il loro livello di violenza e instabilità, trovando tra le due una correlazione “positiva”.

Ma questi non sono gli unici danni che porta la società multietnica. Un altro scienziato, Robert Putnam – http://www.theamericanconservative.com/arti…/…/jan/15/00007/ -, ha dimostrato come, più una comunità è “diversa” dal punto di vista culturale e razziale, più questa diviene non cooperativa ed emotivamente frammentata.

E’ evidente che i due studi sono complementari: l’arrivo di immigrati frammenta la società e la rende meno “solidale” e “cooperativa”, spezzandola lungo faglie etniche. Questa frammentazione conduce alla violenza.

Non è infatti naturale, “immolarsi” per chi non ha con noi alcun legame. E’ naturale invece, preservare la propria identità e chiunque con noi la condivida.
E’ una semplice legge evolutiva. Perché dovrei “favorire” un Africano piuttosto che un Amerindo rispetto ad un mio consanguineo?

http://en.wikipedia.org/wiki/Inclusive_fitness…
http://www.amazon.com/Narrow-Roads-Gene-Land-C…/…/0716745305

Dal punto di vista evolutivo, morire in battaglia per Sparta aveva un senso biologico, perché coloro che sopravvivevano portavano avanti la discendenza biologica di cui anche “tu” morto, facevi parte. Ma morire in guerra per il Grande Re persiano non aveva senso, biologicamente parlando.

Oggi, stiamo creando una società nella quale, non solo, sarà orribile vivere, ma anche, per la quale non varrà la pena morire.

Fonte: Voxnews

I nuovi schiavi

Oggi la cameriera di mio padre, ucraina, ho sentito che diceva parlando con mia moglie, che lei comprava più di quanto avesse realmente bisogno e di quanto gli permettesse il suo livello economico. Questo episodio mi ha fatto riflettere. Perchè questo impulso insano? che non esisteva fino a qualche decennio fa, e soprattutto anche in classi sociali meno abbienti  non facevano e non hanno e non avrebbero mai fatto nel loro paese e comunità. E allora l’unica conclusione è che questa società del consumismo è la conseguenza di una comunità che non c’è più. La mancanza di relazioni naturali, autentiche lascia un vuoto interiore che deve essere colmato da qualcosa, da qualunque cosa. Non può restare vuoto, è una legge di natura. E oggi può essere colmato dall’acquisto fine a se stesso. Oltre che dal consumo di droghe, alcool, o altri tipi di dipendenze quali giochi, scommesse, sesso, cibo, internet, ecc.

Oggi si spende per spendere, mentre una volta si spendeva per utilità o per divertirsi, che è la maggiore utilità per l’anima perchè erano divertimenti veri, autentici, che riempivano e nutrivano l’uomo di gioia, calore, affetto.

Questo sistema, inoltre, può esistere e mantenersi solo sullo sfruttamento del lavoro di altre persone  che non potranno usufruire non solo di quei “benefici”extra, ma neanche dei normali frutti del loro lavoro. Persone che sono costrette a cedere parte del loro tempo e sacrificarlo per coloro che sono dediti a questo stile di vita occidentale consumistico. Infatti senza il loro sacrificio non potrebbe esistere questo surplus di disponibilità economica a beneficio di altri. Cioè queste persone sacrificano il tempo che dovrebbero dedicare alla propria famiglia, a se stessi, alla spiritualità , agli amici, al benessere, e a contemplare il creato e anche a cercare di capire cosa vogliono dalla vita, qual è la loro missione sulla terra e la loro realizzazione. Ovviamente se loro avessero il tempo per pensare e capire in quale ingranaggio sono finiti si ribellerebbero, e questo il sistema non lo vuole. Ma, se questo sembra ed è percepibile, lo è ancor meno capire che in realtà in questo ingranaggio ci sono anche gli altri, quelli che spendono in modo impulsivo e compulsivo, cioè non libero. Anch’essi insomma fanno parte degli schiavi, anche se più privilegiati. Anch’essi sono nella ruota del criceto e sono funzionali al sistema. Sono tutti, la maggior parte,  schiavi moderni. Sono più numerosi che nell’antichità e per certi versi in una condizione più grave perchè non ne sono consapevoli, quindi non possono neanche cercare di liberarsi.

Credo però che tutto ciò non durerà a lungo perchè non è più sostenibile dal pianeta che andrà al collasso. Già lo è, ma evidentemente il limite non è stato ancora superato. E verrà superato perchè il surplus che viene  prodotto per essere consumato inutilmente non può essere smaltito convenientemente perchè non c’è chi lo “consuma”, cioè è inutile al sistema, anzi non è funzionale, è disfunzionale.

Allora la soluzione è solo un ritorno ad un’organizzazione antica della comunità che faceva sentire l’individuo parte della comunità e del “tutto”, cioè del creato, del divino, e quindi non si sentiva separato e spaventato. L’uomo si sentiva protetto, accolto e accettato anche nei suoi difetti. Così si sentiva libero di permettersi di esprimere la sua anima, cioè realizzarsi ed essere creativo e nello stesso tempo coltivare e rivolgersi alla spiritualità. Una società come quella di oggi lascia un vuoto che non può essere soddsfatto con nulla, e che spinge all’acquisto compulsivo nell’illusione di colmare temporaneamente questo vuoto. Per poi ricominciare. Essa non è in grado di offrire una soluzione: non vuole farlo chi l’ha ideata, e non è in grado di trovarla chi la subisce. Non si può frenare quest’impulso se non colmando il vuoto, in quanto è generato dal vuoto, che potrà essere colmato solo con ciò che è vero e non falso. Ogni altra soluzione è un’illusione, è ulteriore vacuità.

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